Carbon sink
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- Scritto da: M.P
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Carbon sink (le foreste sono depositi di carbonio)
A (Biomasse forestali a sughere)
5 - Metodi di controllo delle emissioni
Nell’ambito dell’impegno comune a controllare i livelli dei "gas-serra", nell’atmosfera, primo fra tutti la CO2, un ruolo di assoluto rilievo viene riconosciuto unanimemente alle biomasse agricole e forestali.
1. Assorbimento di co2 da parte di nuovi boschi
Rispetto al ruolo delle biomasse forestali vanno considerate due funzioni fondamentali:
1. Sostituzione del carbonio (Carbon substitution). Grazie alla fotosintesi i " boschi e le foreste" producono legno, che, nei boschi coltivati, può essere utilizzato sia come materia prima nelle relative industrie, sia per la produzione di energia rinnovabile.
2. Immobilizzazione del carbonio (Carbon sequestration). Sempre attraverso la fotosintesi, i " boschi e le foreste" sottraggono CO2 all’atmosfera e la conservano, immobilizzandola per tempi anche molto lunghi, sia sotto forma di biomassa vegetale che di sostanza organica nel suolo.
Dato che il tasso di fissazione annuale della CO2 è massimo durante la fase di crescita delle piante e si annulla una volta che è stato raggiunto l’equilibrio (climax), è chiaro che, ai fini della riduzione del tenore di anidride carbonica, più delle formazioni forestali naturali andranno considerati i boschi coltivati (quindi bisognosi di manutenzione) e gli impianti produttivi (arboricoltura da legno).
Pertanto il contributo maggiore potrà venire dalla sostituzione dei combustibili fossili con produzioni controllate a ciclo breve (Short Rotation Forest), senza che questo riduca il valore delle foreste, il cui contributo resta indispensabile e che va ben oltre il bilancio della CO2.
La Delibera CIPE del 19/11/1998 stabilisce in 0,7 Mt/anno di CO2 assorbita (al 2008-2012), il contributo alla riduzione dei gas serra da parte delle foreste impiantate a partire dal 1990.
Per conseguire tale obiettivo si può, tra l’altro, fare ricorso ai contributi recati dai regolamenti comunitari: Reg. (CEE) 2080/92, che esplicitamente comprende tra i propri obiettivi la lotta contro l’effetto serra e l’assorbimento dell’anidride carbonica, e l’emanando regolamento sullo sviluppo rurale che continuerà l’azione del precedente a partire dall’anno 2000.
Tra il 1990, data dalla quale ai sensi del Protocollo di Kyoto si possono prendere in considerazione, ed il 1997, sono stati realizzati complessivamente, tra rimboschimenti, ricostituzioni boschive ed impianti, 86.409 ettari di "nuovi boschi", vale a dire una media di circa 10.800 ettari l’anno.
Al fine di formulare una stima di larga massima, molto prudenzialmente in difetto, sull’assorbimento di anidride carbonica attribuibile ai nuovi boschi, si può, innanzitutto, assumere in 0,9 tonnellate annue per ettaro la quantità di carbonio potenzialmente fissata da impianti in buone condizioni , che significa un assorbimento corrispondente di 3,3 tonnellate di anidride carbonica.
Considerando che al 2010 (assunto come data indicativa di riferimento) i nuovi boschi di cui sopra potranno considerarsi "a regime", si può stimare che essi assorbiranno annualmente circa0,3 Mt di CO2.
Per raggiungere l’obiettivo, indicato dalla succitata delibera CIPE, delle 0,7 Mt annue di CO2 assorbita, resterebbero quindi da assorbire in più 0,4 Mt. La superficie boscata necessaria per realizzare questo surplus di assorbimento, può quindi essere stimata in 115.000 ettari di nuovi boschi.
Considerando che nel 2010 questi nuovi boschi saranno molto giovani e non in grado quindi di assorbire al meglio, bisognerà considerare, prudenzialmente, una superficie, pari a circa 230.000 ettari.
Se si considera l’arco temporale di dodici anni compreso tra il 1999 ed il 2010, risulta che per realizzare l’imboschimento dei suddetti 230.000 ettari, dovranno essere realizzati ogni anno impianti per circa 20.000 ettari.
Tale estensione di impianti sarà eseguibile grazie al nuovo regolamento per il sostegno allo sviluppo rurale, che, sulla scia del precedente Reg. (CEE) 2080/92, erogherà finanziamenti a carico del FEOGA in misura pari ad almeno il 50%, mentre la quota nazionale verrà erogata dal Ministero del Tesoro in base ai meccanismi previsti dalla Legge n. 183/87.
2. Assorbimento di co2 in biomasse dedicate
1. ASPETTI GENERALI. Le biomasse dedicate possono contribuire, più di qualunque altra fonte biologica, ad una sottrazione netta di CO2 e ciò per effetto di un’azione combinata di immobilizzazione diretta, come per le foreste, e di sostituzione dei combustibili fossili, quest’ultima capace di fornire la risposta più massale al problema.
Inoltre le colture dedicate si presentano come la risposta più immediata alle richieste di incremento delle biomasse per energia, puntando sulla disponibilità dell’agricoltura ad elevare le attuali produzioni e sulla programmabilità di interventi produttivi in questo campo.
Si tratta in tal senso di creare un’alleanza tra il processo di produzione di energia e l’agricoltura, in modo da stimolare la rotazione di biomasse con le colture alimentari, o come secondo raccolto, ad esempio utilizzando colture estive a crescita rapida.
I vantaggi ambientali di un simile programma sono molti, contribuendo anche ad elevare l’humus dei suoli (ridotti in condizioni di monocoltura), oltre a migliorare il bilancio netto della CO2.
Inoltre, il miglioramento dei processi di umificazione e l’aumento dell’humus permettono di migliorare la fertilità dei suoli, fornendo così un’ulteriore compensazione in aggiunta al valore delle produzioni.
Un’esemplificazione di questo contributo, anche molto conservativa, può proiettare crescite di biomasse annuali pari a 18 t/ha (ss) in rotazione semplice, o 9 t/ha in seconda coltura, considerando sia la parte produttiva (2/3) che quella residuale nel terreno (1/3), ne deriverebbero 12 t/ha utili (ss, equivalenti a 20 t di combustibile) in rotazione semplice, o 6 t/ha (ss, equivalenti a 10 t di combustibile) in seconda coltura.
2. IMMOBILIZZAZIONE NELLE BIOMASSE. L’immobilizzazione, analogamente a quella delle foreste, riguarda il carbonio temporaneamente sequestrato nella massa vegetale ed è pari a 4,5 t/ha di carbonio per 9 t/ha di biomasse, equivalenti a 15,5 t/ha di CO2.
3. IMMOBILIZZAZIONE DELL’HUMUS. Il contributo all’umificazione innescato dalla rotazione recupera al processo anche i residui delle colture alimentari, raddoppiando il substrato disponibile.
Considerando un’ isoumificazione dello 0,2 ed una persistenza del 97%, ne deriva la formazione di 1,16 t/ha di humus l’anno, equivalente all’immobilizzazione di 2,7 t/ha di CO2 o di 0,73 t/ha di carbonio, che può proseguire per parecchi decenni.
4. SOSTITUZIONE DELLE FONTI FOSSILI. Il contributo maggiore al bilancio netto della CO2 deriva dalla sostituzione delle fonti fossili. Considerando un’equivalenza di 0,37 in potere calorico rispetto al petrolio (0,37 tep), una produzione di 6 t/ha di sostanza secca, o 10 t/ha di combustibile, equivale alla riduzione di 1 t di CO2/ha e può supportare una potenza d i 1 KWe/ha.
5. BILANCIO COMPLESSIVO. La formulazione di una bilancio netto della sottrazione annuale di CO2, prendendo in considerazione
- il contributo derivante dalle 9 t/ha sul 10% della SAU nazionale (12,2 Mha), includendo - inoltre il 5% dei valori di immobilizzazione nelle biomasse (saturabile in 20 anni),- insieme al 100% dei valori dell’immobilizzazione nell’humus (considerando la sua durata media superiore a 100 anni) e della
-sostituzione delle fonti fossili, potrebbe essere:
Prodotto (t/ha ss) |
CALCOLO PER 1,22 Mha |
||||
Mtep |
Potenza |
CO2 |
Carbonio |
||
Sequestro nelle biomasse* |
9,0 |
0,5 |
0,1 |
||
Sequestro nell’humus |
3,0 + 3,0 |
3,3 |
0,9 |
||
Sostituzione di fonti fossili |
7,2 |
4,5 |
1.200 |
12,2 |
3,3 |
Totale |
9,0 + 3,0 |
4,5 |
1.200 |
16,0 |
4.4 - Filiera digestione anaerobica
La produzione di biogas (miscela di metano con percentuali variabili tra il 40 ed il 70%) in impianti di trattamento di reflui è relativamente diffusa.
Nel settore agroindustriale vengono adottate tecnologie avanzate in impianti a forte impatto ambientale, quali le distillerie.
Nel settore zootecnico due sono gli approcci prevalenti:
· moderne tecnologie con impianti semplificati e di facile gestione a livello di azienda singola;
· sistemi comprensoriali di grande taglia, basati su tecnologie ed efficienza maggiori, destinati al trattamento complessivo dei reflui in aree ad alta densità zootecnica, dove le deiezioni sono spesso convogliate all’impianto tramite condotte.
A livello di singola azienda gli impianti ad elevata tecnologia, diffusi negli anni ’80, sono oggi relegati alle aziende di maggiore dimensione ed a più elevata specializzazione.
Il recupero di biogas da reflui zootecnici ha una rilevanza non tanto dal punto di vista del recupero energetico, quanto come soluzione estremamente interessante per il controllo delle emissioni di metano in atmosfera e , allo stesso tempo, per la riduzione dell'inquinamento di acque e suoli.
La complessità dei problemi connessi a questi sistemi - che hanno concomitanti effetti sulla produzione di energia, sulla riduzione dell’inquinamento e sulla produzione di fertilizzanti-ammendanti - richiede un particolare impegno per orientare gli operatori pubblici e privati.
B
Per quanto riguarda il suolo occorre precisare che la situazione idrogeologica in Sardegna è caratterizzata da 7 bacini idrografici nei quali sono stati individuati 227 bacini montani. Di questi: 115 (circa 223.126 ha, 74 Comuni) sono classificati a rischio di erosione da medio a forte; 11 (circa 14.000 ha) a rischio forte e 104 (circa 208.000 ha) a “basso rischio”. Tot. Ha 446158
Una delle cause del dissesto è, sicuramente, da ricondurre ai numerosi incendi che ogni anno interessano il territorio regionale. Peraltro, si deve positivamente rilevare che la superficie boscata, è pari a complessivi 899.287 Ha, di cui 309.598 di boschi di alto fusto (fustaie) e 223.892 Ha di cedui. Tra le fustaie di latifoglie la sughera occupa una superficie di circa 116.000 Ha. (Piano di sviluppo rurale 2000-2006 dell’Assessorato Agricoltura della Sardegna)
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